Scienza e medicina

Country report UE: maggiore attenzione a istruzione, ricerca, sviluppo e innovazione

La Commissione europea ha pubblicato la sua analisi sulle sfide economiche e sociali negli Stati membri dell’UE, le cosiddette “relazioni per paese” o “Country Reports”. Le relazioni sono considerate uno strumento per monitorare le riforme e individuare tempestivamente le sfide che gli Stati membri devono affrontare e forniscono il quadro più preciso e dettagliato delle economie dell’UE. I report costituiscono la base di discussione con gli Stati membri sulle rispettive scelte politiche in vista dei programmi nazionali da presentare in aprile per arrivare alla fine della primavera alla formulazione delle raccomandazioni specifiche per paese da parte della Commissione.

Il comunicato stampa relativo alla pubblicazione dei “Country Report” e tutte le relazioni sono disponibili al seguente link.

La relazione riguardante l’Italia sollecita il nostro Paese ad una maggiore e concreta attenzione ai temi generali dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Innovazione e quindi implicitamente evidenzia l’importanza del settore della Salute che – come sottolineato in tutti i documenti prodotti da Alisei – è straordinario in termini di intensità di ricerca e innovazione  e contiene in sé un enorme potenziale di crescita da utilizzare per lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Proprio grazie ai forti investimenti in R&I il settore ha infatti raggiunto negli anni recenti, nonostante la crisi, performances straordinarie in termini di export e di occupazione, in totale controtendenza rispetto ad altri settori industriali

Istruzione, Ricerca e Innovazione in Italia

Per quanto riguarda il nostro Paese e in particolare il settore istruzione, ricerca, sviluppo e innovazione, la Commissione pone positivamente in rilievo l’adozione e l’attuazione della riforma della scuola sottolineando che potrebbe migliorare i risultati scolastici. Tuttavia segnala che in Italia i tassi di istruzione e il livello delle competenze della popolazione adulta sono inferiori alla media dell’UE. Il tasso d’istruzione terziaria nelle fasce di età tra i 30 e i 34 anni è uno dei più bassi dell’UE (23,9% nel 2014) e resta al di sotto dell’obiettivo nazionale del 26-27% per il 2020. Inoltre permane un problema legato alla scarsità dei finanziamenti che pesa sul sistema di istruzione superiore: in Italia la spesa pubblica per l’istruzione è inferiore alla media dell’UE. Il divario è particolarmente importante nell’istruzione terziaria.

Più in dettaglio per quanto riguarda il comparto R&S e innovazione, la Commissione rileva come nel nostro Paese il livello di investimenti in R&S sia ancora basso rispetto agli altri paesi dell’UE. Nel 2014 l’intensità complessiva di R&S dell’Italia è stata pari all’1,29%, del PIL rispetto a una media UE del 2,03%. Il divario rispetto alla media dell’UE è maggiore per la spesa per R&S delle imprese private (0,72% del PIL in Italia rispetto a una media UE dell’1,3%) rispetto a quella del settore pubblico (0,53% del PIL in Italia rispetto a una media UE dello 0,72%).

Come in molti altri paesi, in Italia la crescita dell’intensità di R&S ha subito un rallentamento a partire dal 2009, anno di inizio della prolungata crisi. La strategia di risanamento di bilancio degli ultimi anni non ha protetto la ricerca e lo sviluppo. La quota della spesa pubblica destinata alla ricerca e all’innovazione è diminuita, passando dall’1,32% nel 2007 allo 0,99% nel 2014.

La relazione pone inoltre in rilevo le debolezze strutturali che incidono sul sistema italiano di R&S. In primo luogo, permangono carenze di finanziamento della R&S, soprattutto per le piccole imprese giovani e innovatrici che non dispongono di sufficienti risorse interne per finanziare i propri progetti. Si evidenzia inoltre che a livello nazionale l’innovazione è frenata dalla relativa scarsità di risorse umane altamente qualificate sottolineando come negli ultimi anni inoltre molti ricercatori italiani abbiano lasciato il paese a causa della mancanza di prospettive di carriera e di retribuzioni concorrenziali.

Inoltre, il sistema italiano di ricerca e innovazione è caratterizzato da una scarsa cooperazione tra le università e le imprese. Nel 2012 la quota pubblica di R&S finanziata dalle imprese rappresentava solo lo 0,014% del PIL, percentuale ben al di sotto della media UE dello 0,051%. Un fattore, questo, che rallenta il trasferimento di conoscenze dalle università e da altri istituti pubblici di ricerca alle imprese e la ripartizione dei rischi connessi alle attività di R&S.

Infine, la bassa percentuale di servizi ad alta tecnologia e ad alta intensità di conoscenze, sommata alla significativa percentuale di attività manifatturiere a bassa e media tecnologia, è al tempo stesso causa e conseguenza del debole livello di innovazione dell’Italia.

Vi è tuttavia da notare che l’Italia ha adottato una serie di iniziative strategiche volte a sostenere il sistema di ricerca e innovazione, ma la loro frammentazione continua a destare preoccupazioni. È entrata in vigore la proroga del credito d’imposta per le attività di R&S delle imprese per il periodo 2015-2019. Il credito d’imposta è pari al 25% degli investimenti incrementali in R&S, soggetto a un massimale di 5 milioni di EUR per beneficiario, e sale al 50% per la ricerca svolta con istituti di ricerca pubblici e università. Tuttavia l’efficacia potrebbe essere limitata dalla sua natura temporanea e dalla scarsa prevedibilità dovuta alle frequenti modifiche avvenute in passato. All’inizio del 2015 alcune misure già in vigore per le cosiddette “start-up innovative” sono state estese alle “PMI innovative“. Tali misure prevedono, tra l’altro, un accesso semplificato al Fondo centrale di garanzia per le PMI, incentivi fiscali per gli investimenti in PMI giovani e innovative, sistemi flessibili di remunerazione e detrazione differita delle perdite di capitale e altre deroghe. Da notare poi che nel luglio 2015 sono state adottate le norme di attuazione del cosiddetto regime “patent box“, che consente l’esclusione parziale (fino al 50% nel 2017) dei redditi derivanti da attività immateriali (ad esempio brevetti, marchi, disegni e modelli industriali). È stata effettuata una revisione del quadro normativo sul crowdfunding azionario e sono state organizzate ulteriori consultazioni pubbliche a sostegno dello sviluppo di questo canale di finanziamento. Il governo ha anche istituito un fondo da 50 milioni di euro gestito da Invitalia per gli investimenti in capitale di rischio con cofinanziamento privato. Vi è poi la legge di stabilità 2016 prevede fondi per l’assunzione di nuovi professori e ricercatori. L’Italia ha inoltre deciso di aderire alla cooperazione rafforzata a livello dell’UE sulla tutela brevettuale unitaria. Una volta in vigore, il brevetto unitario renderà più semplice, più rapido e meno costoso per le imprese innovative italiane ottenere la tutela brevettuale in tutti i 26 Stati membri partecipanti. Infine, negli ultimi anni sono state adottate varie misure per promuovere i canali di finanziamento non bancari delle imprese.

Di particolare importanza appare il rilievo finale che l’efficacia delle misure summenzionate può essere limitata dalla mancanza di una strategia globale per l’innovazione che si associa alla sottolineatura che il programma nazionale di ricerca 2014-2020, presentato per la prima volta nel febbraio 2014, non è stato ancora approvato e pertanto non è ancora operativo.