Doha, dicembre 2012: si è da poco chiusa la conferenza sul clima delle Nazioni Unite e i risultati mostrano un chiaro stallo nelle trattative tra i diversi Paesi. Non che i summit precedenti abbiano prodotto grandi risultati concreti, ma forse anche dopo alcune chiare evidenze – a detta di molti scienziati – degli effetti di una modifica del clima globale, forse ci si poteva aspettare di più dall’appuntamento del Qatar.
L’unico “risultato” è un prolungamento degli accordi di Kyoto fino al 2020. Ma per conoscere quali dovranno essere i parametri a cui gli aderenti dovranno fare riferimento bisognerà aspettare fino al prossimo anno. E non solo, alcuni importanti Paesi come Canada, Giappone e Russia si sono sfilati.
Il rischio è che in questo balletto di giochi e di rimpalli gli unici che cercheranno di adottare delle risoluzioni efficaci e vincolanti per ridurre i gas serra siano solamente gli europei. Con due conseguenze: la prima è che le emissioni dell’Unione Europea sono solo il 14% del totale e una loro riduzione inciderebbe poco o niente sulle emissioni complessive, secondo, che i costi di tali sforzi ricadrebbero sulla produzione industriale europea, già gravemente provata dalla crisi di questi anni.