Energia e ambiente

Efficienza energetica nel settore idrico

Il settore idrico consuma circa il 5% circa del fabbisogno elettrico nazionale complessivo, pari a oltre 15 TWh l’anno, escludendo i consumi legati all’utilizzo finale (residenziale, industriale e commerciale). Una quantità considerevole che pesa in maniera importante nelle casse delle Società che gestiscono il servizio idrico integrato. Se poi aggiungiamo a questi consumi, quelli legati al processo di gestione e distribuzione dell’acqua a scopo irriguo, che si aggira intorno ai 6 TWh l’anno, si evidenziano subito le potenzialità degli interventi di efficientamento energetico nel comparto. Con l’utilizzo di adeguate tecnologie si potrebbe arrivare infatti fino al 30-35% di risparmio sui consumi energetici, e quindi sui costi.

Il contenimento energetico nell’intero ciclo idrico, in particolar modo quello urbano legato all’acqua potabile, è inoltre di estrema attualità anche perché inscindibile da un maggiore rigore nell’uso della risorsa idropotabile, concetto espresso dalla “Watergy efficiency”, che sostiene come il soddisfacimento della domanda dell’utenza debba essere ottenuto con il minor impiego possibile di risorsa idrica e di energia.

Ma vediamo innanzitutto dove sono i maggiori consumi. In assoluto i processi che consumano le quote principali di energia sono legati ai pompaggi e alla fase di depurazione delle acque reflue. Nel primo caso l’elettricità è assorbita dai motori che fanno funzionare le pompe, mentre nei depuratori l’energia elettrica è assorbita principalmente dal processo di areazione, dove, anche in questo caso, i principali consumatori risultano essere i motori.

Per intervenire quindi sulla riduzione dei consumi energetici è indispensabile operare sui componenti elettrici degli impianti, innanzitutto verificandone il corretto funzionamento e avviando delle operazioni di manutenzione adeguate. Successivamente per migliorare l’efficienza energetica delle apparecchiature si possono sostituire alcuni componenti con altri a maggior rendimento: sostituzione di  quadri di alimentazione e trasformatori, di motori elettrici e/o gruppi pompe. Infine, ancor meglio, installare pompe o altri attuatori serviti da motori elettrici a velocità variabile alimentati tramite inverter, in cui ad esempio sia possibile regolare la portata delle pompe con l’uso di inverter invece che con valvole di strozzamento della pressione, che notoriamente sono dissipatrici di energia.

Una seconda strada da percorrere, non alternativa a quella appena descritta, è quella relativa alla razionalizzazione dell’uso delle infrastrutture. In primo luogo bisogna agire sulle perdite idriche delle reti, che si traducono inevitabilmente in uno spreco energetico, oltre che della risorsa acqua. Occorre poi razionalizzare i cicli di carico/scarico dei serbatoi di testata delle reti di distribuzione o in linea, e prevedere, ove possibile, le alimentazioni delle reti e degli acquedotti a gravità invece che con sollevamenti. Stesse modalità per la raccolta dei reflui: a gravità e non attraverso sollevamenti.

Infine, una terza opzione, cumulabile con quelle descritte precedentemente, consiste in interventi di autoproduzione di energia in loco, attraverso investimenti in impianti a fonti rinnovabili. In particolare è possibile utilizzare il biogas derivante dai fanghi degli impianti di depurazione per produrre calore ed elettricità, installare tetti o tettoie fotovoltaiche, o anche sfruttare i salti “residui” dei sistemi idrici per la produzione idroelettrica, con impianti mini o micro idro.

Di questo e di altro ancora si discuterà nella tavola rotonda che si terrà a Bologna l’8 luglio prossimo e che vedrà, tra gli altri la partecipazione dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il settore idrico, che potrà illustrare quali sono le iniziative in essere per agevolare l’efficientamento energetico del settore idrico.