Le opposizioni a nuovi impianti e nuove infrastrutture sono ormai non più solo espressione di paure legate ai possibili impatti sull’ambiente e sulla qualità della vita, ma rivelano sempre più la necessità di chiarezza negli iter procedurali e la richiesta di un maggior coinvolgimento del territorio. Quest’ultimo aspetto accomuna comitati, cittadini, organizzazioni no profit e gli stessi enti pubblici, indipendentemente dall’appartenenza politica dell’amministrazione in carica.
Il coinvolgimento e la partecipazione dei territori sono infatti oggi forse gli unici elementi a disposizione per poter superare questa impasse che impedisce la realizzazione di una qualsiasi nuova opera.
Nel nostro Paese, in assenza per ora di una normativa che disciplini il processo partecipativo in occasione di nuovi progetti, come avviene in altri stati dell’Unione Europea – il Débat publique in Francia o il Sustainable Communities Act in Gran Bretagna – ci si deve affidare alla “buona volontà” delle singole realtà per mettere in atto un percorso partecipato.
In quest’ottica è indispensabile precisare la differenza sostanziale tra processo partecipato e creazione del consenso, termine, quest’ultimo, che è stato molto abusato negli anni per indicare una modalità di coinvolgimento dei territori. Consenso identifica un percorso per convincere gli interlocutori sulla bontà del proprio progetto, mentre partecipazione indica il coinvolgimento attivo dei diversi soggetti nella definizione del progetto per arrivare a una soluzione condivisa che soddisfi le esigenze di tutti i partecipanti.
Per un maggiore coinvolgimento di uno specifico territorio nell’ottica di un processo partecipato, è importante mettere in campo strumenti specifici, quali incontri e punti di ascolto, strumenti web, focus group, workshop, comitati multistakeholder, comitati consultivi, Forum permanenti. Il tutto in un’ottica di dialogo e condivisione oggi sempre più necessaria.
Avviare progetti partecipati significa quindi sviluppare delle attività di engagement con gli stakeholder; la comunicazione (intesa nel senso classico del termine) in questi ambiti è indispensabile, ma deve essere intesa come una strumento di supporto all’engagement.
L’esperienza sul campo maturata negli anni, suggerisce che sempre di più si debba andare verso un’inclusione degli stakeholder nel processo decisionale riguardante un determinato territorio, altrimenti il rischio è un blocco, un rifiuto.