“…Mi ha sempre affascinato l’idea che le parole – cariche di significato e dunque di forza – nascondano in sé un potere diverso e superiore rispetto a quello di comunicare, trasmettere messaggi, raccontare storie. L’idea, cioè, che abbiano il potere di produrre trasformazioni, che possano essere, letteralmente, lo strumento per cambiare il mondo. Spesso, tuttavia, le nostre parole hanno perso di significato perché le abbiamo consumate con usi impropri, eccessivi o anche solo inconsapevoli, come diceva con chiarezza l’anonimo autore del libro pubblicato dalle Edizioni dell’Orto Botanico…”*. Quando ho letto queste frasi nell’introduzione del libro di Gianrico Carofiglio “La manomissione delle parole”, non ho potuto fare a meno di pensare alla mia professione, quella di comunicatore, e a quanto oggi viene scritto e detto sui giornali, alle televisioni o semplicemente per strada.
La prima riflessione è legata alla velocità con cui si vuole comunicare. Spesso le parole escono fuori, vengono scritte quasi senza riflettere sul loro reale significato e sull’effetto che possono avere su chi le ascolta o chi le legge. Dovendo infatti “correre” – sempre di più – si comunica spesso con parole inadatte e che di frequente sono interpretate semplicemente in maniera diversa dalla volontà di chi parla o scrive.
La seconda riflessione è che spesso le parole vengono semplicemente utilizzate male o a sproposito. Senza badare al contesto in cui vengono pronunciate e alle azioni conseguenti. Mi viene da pensare ad esempio – e non perché sia una dei termini analizzati nel libro di Carofiglio – sull’uso improprio che viene fatto in questo inizio di campagna elettorale del termine democrazia. Tutti ne parlano e se ne fanno portabandiera, anche se dopo pochi minuti agiscono in maniera dogmatica decidendo unilateralmente candidature o espulsioni dal partito. Dove sta la democrazia?
La terza riflessione è che manca la conoscenza di quello che significano le parole. Di quello che c’è dietro. Occupandomi di ambiente – un argomento spesso complicato scientificamente e tecnicamente, ma oggi molto “di moda” – osservo troppo spesso che si parla senza conoscere i termini, e quello che questi termini significano. Leggendo e ascoltando ciò che viene detto sull’ambiente, il minimo che si può sentire è una banalizzazione degli argomenti, ma più spesso si hanno delle false rappresentazioni della realtà dei fatti. Perché non si conosce. Perché si vuol far finta di conoscere. Perché comunque è importante dire qualcosa, non importa se ciò corrisponde alla realtà dei fatti.
Queste brevi riflessioni, nate dalla lettura di un testo che consiglio a tutti coloro che si occupano di comunicazione, mi portano a pensare proprio alla professione e all’importanza di essere consapevoli che attraverso le parole siamo in grado di modificare comportamenti, creare tendenze, coinvolgere i consumatori e far partecipare i cittadini. Allora dobbiamo far sì che l’uso delle parole sia adeguato. E per far questo dobbiamo conoscerne il significato.