Il 26 settembre si è tenuta a Milano la quinta edizione del Technology Forum Life Sciences organizzato da The European House Ambrosetti in collaborazione con Assobiotec e il Cluster Tecnologico Nazionale Scienze della Vita ALISEI, in cui è stato presentato il rapporto 2018 “Il ruolo dell’Ecosistema dell’Innovazione nelle Scienze della Vita per la crescita e la competitività dell’Italia”. L’evento ha visto la partecipazione di numerosi ospiti nazionali e internazionali che si sono confrontati sui temi legati allo sviluppo e al futuro delle scienze della vita, un comparto molto importante per l’Italia che corrisponde a oltre il 10% del PIL nazionale.
Il rapporto presentato è suddiviso in 4 capitoli che inquadrano il settore in Italia, evidenziandone le luci e le ombre, mappano e illustrano le risorse messe a disposizione delle life science in Italia, valutano l’attrazione degli investimenti nel nostro Paese e individuano una serie di priorità strategiche da suggerire alle Istituzioni.
Le scienze della vita in Italia si presentano per alcuni aspetti come un settore di punta, a livello nazionale risultano il primo comparto per numero di investimenti in Venture Capital e Private Equity in Italia tra le imprese high-tech italiane, con 52 operazioni nel 2017. Il nostro Paese può vantare anche un livello di eccellenza della ricerca: siamo infatti il primo Paese al mondo per numero di citazioni per ricercatore, con il terzo gradino del podio se consideriamo solo le citazioni nel campo della medicina, e con punte di eccellenza ad esempio in campo oncologico, dove nel 2017 i lavori di ricercatori italiani sono stati citati 3009 volte. Ultimo dato interessante è il fatto che nel 2017 l’Italia abbia superato la Germania per la prima volta, ottenendo il primato in Europa per la produzione nel settore farmaceutico, con il record storico di 31,2 miliardi di euro.
Purtroppo le life science italiane presentano anche, come evidenziato nel rapporto, diverse “ombre”. Il numero dei ricercatori è il più basso in Europa (126.000 nel 2016), meno di un terzo della Germania e metà della Francia. I ricercatori italiani, come abbiamo già detto sono eccellenti, ma la maggior parte di loro fa ricerca all’estero (ad esempio 7 su 11 ricercatori italiani premiati dall’ASCO – American Society of Clinical Oncology, fanno ricerca non in Italia). Nel confronto con altri Paesi europei gli investimenti in Venture Capital e Private Equity sono molto bassi: 444 milioni di euro, contro 1.819 della Germania e 2.272 della Francia nel 2017. La capacità brevettuale italiana è lontana dal dirsi interiorizzata dal sistema e il trasferimento tecnologico risulta essere ancora un tema molto critico. Infine, un dato preoccupante è che gli investimenti in R&S sono molto bassi e in diminuzione (-37% dal 2015 al 2016).
Il secondo capitolo del rapporto analizza il tema dell’accesso ai finanziamenti per la competitività del comparto. Il successo del settore delle è direttamente correlato alle risorse finanziare che sono messe a disposizione di ricerca e innovazione e, soprattutto, da come queste vengono allocate e gestite.
Partendo dal fatto che il capitale pubblico funge da traino anche per gli investimenti privati, il rapporto analizza quali sono attualmente i fondi pubblici a disposizione di ricerca e innovazione nelle life science in Italia: i fondi europei (Fondi Strutturali e di Investimento e il Programma Quadro Horizon 2020) e i fondi messi a disposizione dai diversi Ministeri competenti – Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, Ministero dello Sviluppo economico e Ministero della Salute. Rimandiamo il lettore a consultare il secondo capitolo del rapporto per valutare le singole possibilità di finanziamento. Possiamo solo dire che l’analisi condotta espone un quadro estremamente frammentato di iniziative e programmi a favore della ricerca e dell’innovazione, conseguenza diretta della frammentazione della governance che caratterizza il sistema della ricerca italiano.
Il terzo capitolo prende in esame il tema dell’attrazione degli investimenti nel nostro Paese. I dati dimostrano che il livello degli investimenti privati in R&S in Italia è tra i più bassi in Europa, sintomo di un ecosistema che non riesce a essere attrattivo agli occhi degli investitori. In termini generali, e con questo si anticipano alcuni aspetti che saranno l’oggetto dei suggerimenti alle Istituzioni nell’ultimo capitolo, è possibile ricondurre l’efficacia di un ecosistema nella catalizzazione di investimenti all’interconnessione di tre fattori abilitanti principali:
- stabilità e credibilità dell’ecosistema
- incentivi favorevoli all’innovazione
- valorizzazione delle eccellenze nazionali.
Ad esempio, migliorare le politiche di gestione delle risorse nazionali e investire nella promozione delle “punte di diamante” nel settore ne accrescerebbe la visibilità e aumenterebbe le possibilità di suscitare l’interesse degli investitori. L’eccellente qualità della ricerca italiana, riconosciuta a livello internazionale, dovrebbe essere supportata da una consapevole e integrata comunicazione delle competenze presenti sul territorio nazionale.
Proprio su quest’ultimo tema il rapporto mette in evidenza quali sono le principali aree di eccellenza nazionali nelle scienze della vita. Sono stati individuati 8 poli di eccellenza: Biotech Valley (Lombardia), eccellenza nel campo dei trapianti (Piemonte), Distretto Biomedicale (Emilia-Romagna), Pharma Valley (Toscana), Hub globale dei vaccini (Toscana), Distretto delle Bioscienze (Lazio), Hub per la medicina di precisione (Puglia), Hub per il Tech Transfer del Sud Italia (Campania).
Il rapporto 2018 si chiude, come anticipato, con quattro priorità strategiche che dovrebbero essere prese in considerazione dalle Istituzioni:
- affrontare il problema della governance della ricerca e dell’innovazione con la creazione di un’Agenzia Nazionale della Ricerca, che sia in grado di definire un piano strategico di medio/lungo termine;
- istituire un “One Stop Shop” per l’attrazione degli investimenti, collegato all’Agenzia Nazionale della Ricerca, che funga da punto di riferimento unico per chiunque voglia investire in ricerca e produzione in Italia;
- valorizzare i processi di Trasferimento Tecnologico, dando avvio al Tech Transfer Competence Center;
- prevedere una Banca Pubblica per gli Investimenti, tale da poter veicolare in maniera efficiente le risorse disponibili, anche secondo le linee strategiche d’indirizzo dell’Agenzia Nazionale della Ricerca, stimolando partnership pubblico-private.
Proprio in tema di governance è intervenuto al Technology Forum il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Marco Bussetti che ha preso l’impegno davanti alla platea degli addetti ai lavori l’istituzione di una cabina di regia che veda coinvolti i tre Ministeri competenti – MIUR, MISE e Ministero della Salute, per mettere a punto politiche e sistemi univoci per la ricerca nel settore delle life science italiano.