Si sono tenuti il 27 e il 28 aprile scorso a Roma gli Stati Generali della Ricerca Sanitaria. Due giorni per fare il punto sullo stato delle ricerca in campo sanitario in Italia, ma soprattutto per guardare avanti e capire quali iniziative prendere per il settore.
I risultati presentati se da un lato sono incoraggianti – l’Italia è infatti il quinto Paese al mondo per pubblicazioni scientifiche prodotte, il dodicesimo per investimenti in ricerca biomedica e l’ottavo per peso di investimento in ricerca biomedica rispetto al totale destinato a ricerca e sviluppo –, dall’altro nel nostro Paese la ricerca difficilmente sfocia in brevetti in grado di dare vita a un percorso industriale concreto. Fattore questo che si traduce molto semplicemente nella difficoltà ad attrarre investimenti, nota dolente che da anni affligge il nostro sistema.
Per individuare nuove strade e invertire la tendenza il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, durante la due giorni romana, ha voluto mettere al centro del futuro della ricerca italiana il ruolo dei ricercatori, proponendo un nuovo disegno del loro percorso professionale da regolamentare entro la fine di quest’anno. In sintesi, tale percorso si basa su contratto di lavoro a lungo termine, ovvero di dieci anni con possibile rinnovo di cinque, e una carriera a “piramide” con vari step e la possibilità, dopo quindici anni, di rimanere nel settore della ricerca o di entrare nell’organico del Servizio Sanitario Nazionale. Il tutto a patto che il ricercatore sia valutato positivamente sulla base di parametri predefiniti e che l’istituto di ricerca disponga di adeguate risorse economiche.
“Per quanto riguarda il trattamento economico – ha sottolineato il Ministro – una parte sarà fissa e una parte variabile, legata alle performance del singolo o dell’Istituto dove lavora”.
Proprio per quanto riguarda il finanziamento alla ricerca, nel corso degli Stati Generali della Ricerca è stato ricordato che il Governo ha stanziato oltre 2,5 miliardi di euro, di cui un quarto dedicato alla ricerca in campo sanitario.
Sull’argomento è intervenuto anche il Presidente della Repubblica, ricordando che “Investire nella ricerca vuol dire investire nel nostro futuro e far crescere le potenzialità del Paese. Per questo deve diventare una delle priorità dell’agenda italiana, anche perché è un modo per dare opportunità alle giovani generazioni ed evitare che alcuni tra i migliori siano costretti a costruire altrove il proprio percorso professionale”.