Nel settembre del 2015 le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda Globale al 2030 per lo sviluppo sostenibile. Questo programma ha stabilito 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese), articolati in 169 target e oltre 240 indicatori da raggiungere entro il 2030.
L’importanza del programma evidenzia come la sostenibilità non sia solamente quella ambientale ma debba comprendere tutte le dimensioni dello sviluppo, dove ogni Paese deve impegnarsi per raggiungere i risultati auspicati attraverso un forte coinvolgimento di tutte le componenti della propria società .
I temi legati alla salute, che rappresentano uno dei 17 obiettivi – il n. 3 “Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età †– sono presenti anche in altri 10 obiettivi definiti dall’ONU. La salute è quindi un tema trasversale a 11 obiettivi su 17, con 28 target correlati e 47 indicatori; un peso importante: circa il 20% degli indicatori che dovranno essere valutati e affrontati da oggi al 2030 fanno capo alla salute dei cittadini.
In questo ambito, il “Global Burden of Disease Study 2015â€, pubblicato qualche mese fa dalla rivista The Lancet, mette in relazione per la prima volta i dati analizzati sulla popolazione di 188 Paesi con gli indicatori di sviluppo sostenibile (SDGs) e con l’indicatore Socio-Demografico (SDI). In particolare lo studio ha analizzato 33 dei 47 indicatori previsti dal programma delle Nazioni Unite, scattando una fotografia del presente, paragonandola con i dati a disposizione degli anni precedenti e divenendo di fatto il punto di partenza per gli obiettivi della prossima decade.
Analizzando i dati raccolti e valutandoli in un’ottica di transizione epidemiologica globale, si evidenzia come a livello mondiale tra il 1990 e il 2015 si è assistito a una diminuzione di mortalità per malattie infettive e malnutrizione, a un allungamento delle aspettative di vita media che tuttavia porta con sé un problema legato alle malattie croniche e alla disabilità provocate dall’invecchiamento della popolazione. Lo studio evidenzia come i valori di alcuni indicatori stimati al 2030 siano già stati raggiunti in molti Paesi, tra questi l’obiettivo di mortalità infantile al 2030 di <12 decessi per 1000 nati vivi è già stato raggiunto dal 57.5% dei Paesi, mentre per altri la situazione è ancora drammatica, come il peso della mortalità materna che supera i 400 decessi su 1000 casi in ben 24 Paesi.
Senza addentrarsi nei dettagli dei singoli risultati a cui vi rimandiamo con la lettura del documento integrale (http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(16)31467-2/fulltext), si può dire che i valori misurati degli indicatori legati alla salute risultano raggruppati in funzione della ripartizione geografica, con i valori più alti in Europa, Nord America e Australia e i più bassi, che evidenziano come gli obiettivi siano ancora molto lontani, in Africa (Figura 1).
Questo è vero fino a che non si correlano gli indicatori SDGs e SDI, quest’ultimo funzione di un gran numero di parametri come il reddito pro capite, la scolarità , il tasso di fecondità totale, ecc. Così assistiamo a miglioramenti più rapidi e più consistenti di quanto atteso in alcune situazioni, mentre in altri casi, per esempio negli Stati Uniti e in Russia, i livelli di salute risultano inferiori a quelli prevedibili tenuto conto delle risorse investite (Figura 2).
Considerando i due indici il profilo di ogni Paese risulta meglio delineato e dettagliato; si individuano criticità specifiche e aree di miglioramento che altrimenti non sarebbero state colte, con la possibilità di disegnare interventi mirati e adeguati alle esigenze della singola nazione.
Il lavoro è comunque ancora molto lungo e tanto resta da fare. In questo ambito gli sforzi della ricerca e delle industrie che si occupano di salute dovranno essere ancora molti.