Energia e ambiente

Non solo gli inglesi fuggono

È apparsa sui giornali la scorsa settimana l’intervista di un’imprenditrice inglese che, dopo sei anni di attesa, per lungaggini burocratiche ha deciso di abbandonare il progetto di un resort di lusso in Puglia. Investimento previsto: 70 milioni di euro. Alla notizia anche il Governo si è mosso, il Ministro Guidi ha chiamato l’imprenditrice di oltre Manica e vedremo come va a finire.

Ma questo è solo uno degli investimenti che il nostro Paese rischia di perdere, e neanche dei più consistenti. La burocrazia sta infatti bloccando quasi un miliardo di investimenti nel solare termodinamico. Investimenti già pronti derivanti da capitali italiani ed esteri. E per di più in una tecnologia nata e sviluppata per la maggior parte in Italia dall’Enea. Investimenti che, se va avanti così, non vedranno la luce.

Conferenze di servizi che avrebbero dovuto essere convocate da oltre un anno, termini di legge ampiamente scaduti, arbitrarie prese di posizione di sovrintendenze, ricorsi basati sul nulla, silenzi assordanti di commissioni che dovrebbero decidere, stanno rischiando di far fuggire investimenti dal Paese semplicemente per inadempienze amministrative. Progetti in Sicilia, Sardegna, Basilicata. Autorizzazioni regionali o nazionali. Sempre la stessa cosa.

È possibile tutto questo? E soprattutto, è possibile in un momento in cui la fame di lavoro è altissima e in cui gli investimenti scarseggiano?

E ci sarebbero le opportunità, nel rispetto dell’ambiente e dei territori ove gli impianti solare termodinamici potrebbero sorgere. Pochi impianti come prevede la legge, ma necessari per far acquisire alle aziende italiane un know-how sufficiente a presentarsi all’estero per concorrere a realizzare impianti più grandi e in grado di contribuire in un futuro prossimo in maniera molto positiva alla bilancia dei pagamenti del Paese.

Attualmente sono “fermi” un impianto in Sicilia da 50 MW nel comune di Marsala, un secondo da 12 MW a Gela, che come sappiamo in questo periodo sta affrontando la grave crisi del petrolchimico e un investimento “fresco” non farebbe male alla cittadina siciliana, 5 impianti da 4 MW nella provincia di Trapani, 2 impianti da 50 MW in Sardegna nella provincia di Cagliari in una zona dove il terreno è povero e oggi adibito solamente a pascolo e un investimento di questo tipo potrebbe ridare ossigeno a un’economia in forte crisi, un impianto da 50 MW a Banzi in provincia di Matera, che potrebbe avere delle ripercussioni positive anche sull’agricoltura locale.

Per “dare” un po’ di numeri: un impianto solare termodinamico da 50 MW vale circa 200 milioni di euro, senza contare la ricchezza e l’occupazione nel territorio dove viene costruito: sono necessari infatti circa 1.500 persone nei due anni necessari alla sua costruzione – con ricadute territoriali facilmente immaginabili – e oltre 50 persone assunte nella fase di esercizio (almeno 25 anni), oltre l’indotto. E questo tipo di occupazione riguarda soprattutto i giovani, attratti dalle nuove tecnologie Green. Nessun altro investimento nelle rinnovabili ha questa ricaduta territoriale.

E noi stiamo rischiando di gettare al vento queste opportunità per una burocrazia che blocca tutto!