In Italia si muore meno per tumori e malattie croniche, ma solo dove la prevenzione funziona. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto Osservasalute 2017, giunto alla sua XV edizione. Un’approfondita analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane. Pubblicato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane e coordinato dal Professor Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Direttore dell’Osservatorio e Ordinario di Igiene all’Università Cattolica, e dal dottor Alessandro Solipaca, Direttore Scientifico dell’Osservatorio, il Rapporto è frutto del lavoro di 197 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano che operano presso Università e numerose istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali (Ministero della Salute, Istat, Istituto Superiore di Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale Tumori, Istituto Italiano di Medicina Sociale, Agenzia Italiana del Farmaco, Aziende Ospedaliere e Aziende Sanitarie, Osservatori Epidemiologici Regionali, Agenzie Regionali e Provinciali di Sanità Pubblica, Assessorati Regionali e Provinciali alla Salute).
In questi anni sono stati fatti piccoli passi avanti non solo sulla cura delle patologie ma anche sugli stili di vita: aumenta la pratica sportiva, ma aumentano anche gli obesi e non diminuiscono i fumatori. In Italia si osservano livelli di cronicità e non autosufficienza tra gli anziani superiori alla media europea e a farne le spese sono soprattutto le donne. Non a caso l’Italia è addirittura 15esima tra i paesi dell’Unione Europea per speranza di vita alla nascita senza limitazioni fisiche.
Persiste poi un importante divario Nord-Sud, con ricadute anche gravi sulla salute degli italiani lungo lo Stivale, come si vede anche dall’ampia disparità, con forti criticità in alcune regioni del Centro Sud, sulla capacità ad esempio di prevenire e curare alcuni tipi di tumore.
Vediamo di approfondire alcuni aspetti di questo corposo studio sulla Sanità italiana.
Laddove la prevenzione funziona, la salute degli italiani è più al sicuro, con meno morti per tumori e malattie croniche come il diabete e l’ipertensione (diminuiti del 20% in 12 anni i tassi di mortalità precoce per queste cause). Gli italiani inoltre cominciano timidamente a occuparsi in maniera più proattiva della propria salute, tendono a fare più sport, 34,8% della popolazione nel 2016 contro il 33,3% nel 2015, ma scontano ancora tanti problemi, in primis quelli con la bilancia: nel 2016 più di un terzo della popolazione adulta (35,5%) è in sovrappeso, mentre poco più di una persona su dieci è obesa (10,4%). Complessivamente, il 45,9% della popolazione italiana di età superiore a 18 anni è in eccesso di peso!
Quanto ad altri stili di vita si osserva un graduale aumento dei consumatori di alcolici, mentre rimane costante la percentuale dei fumatori. Sono quasi 10 milioni e mezzo i fumatori in Italia nel 2016, poco più di 6 milioni e 300 mila uomini e poco più di 4 milioni e 100 mila donne. Si tratta del 19,8% della popolazione di 14 anni e oltre. Il Rapporto evidenzia come nel 2016 in Italia il costo medio di un pacchetto di sigarette del brand più venduto a parità di potere d’acquisto era 5,62 €, contro i 10,07 € della Norvegia o 10,26 € dell’Irlanda.
Sempre in termini di prevenzione, per quanto riguarda le neoplasie, la situazione è andata sicuramente migliorando: per quanto riguarda ad esempio i tumori oggetto di programmi di screening organizzato, gli effetti dell’introduzione di misure efficaci di prevenzione secondaria sono visibili nelle aree del Paese dove si è iniziato prima e dove la copertura è ottimale. Una documentata minor copertura di popolazione e una ritardata implementazione degli screening organizzati sono fattori da considerare per spiegare le diverse performance osservate nel Paese. Ad esempio nella provincia autonoma di Trento lo screening preventivo per il tumore del colon retto raggiunge una copertura del 72% della popolazione, mentre nella regione Puglia la copertura degli screening preventivi per questo tumore arriva appena al 13%.
Il Rapporto mette in evidenza il divario tra Nord e Sud del Paese. Il decennio appena trascorso ha confermato una situazione da tempo nota e tollerata: il profondo divario fra diverse macroregioni italiane sia nelle dimensioni della performance indagate che nella qualità della spesa pubblica e, nello specifico, di quella sanitaria. La spesa out of pocket, cioè quella sostenuta privatamente dai cittadini, è cresciuta dell’8,3% nel periodo 2012-2016, ma in maniera diseguale nel Paese: l’aumento è stato elevato nelle regioni del Nord, costante nel Centro, mentre è diminuito nelle regioni meridionali.
Sul fronte della salute gli italiani sono sempre più anziani: oltre un italiano su 5 ha più di 65 anni, sono in crescita i cosiddetti “giovani anziani” (65-74enni), anche tra i residenti stranieri, sono stabili le quote degli “anziani” (75-84 anni) e dei cosiddetti “grandi vecchi” (>85). In termini di popolazione anziana il peso della popolazione femminile cresce all’aumentare dell’età: la quota di donne è del 52,9% tra i giovani anziani, sale a 57,3% tra gli anziani e arriva al 68,1% tra i grandi vecchi.
C’è però da sottolineare come nella popolazione anziana, in particolare tra gli over-75, aumentino i soggetti con limitazioni fisiche. Analizzando questo fenomeno nelle classi di età anziane, è stato osservato che tra gli ultra-sessantacinquenni l’11,2% ha molta difficoltà o non è in grado di svolgere le attività quotidiane di cura della persona senza ricevere alcun aiuto, quali mangiare da soli anche tagliando il cibo, sdraiarsi e alzarsi dal letto o sedersi e alzarsi da una sedia, vestirsi e spogliarsi, usare i servizi igienici e fare il bagno o la doccia. Le quote di persone non autonome in queste attività si attestano al 3,2% tra gli anziani di 65-74 anni, al 12% tra quelli nella classe di età 75-84 e al 36,2% tra gli ultraottantacinquenni.
Una problematica destinata a riguardare sempre più anziani: le proiezioni per il 2028 indicano infatti che tra gli ultrassesantacinquenni le persone non in grado di svolgere le attività quotidiane per la cura di se stessi (dal lavarsi al mangiare) saranno circa 1,6 milioni (100 mila in più rispetto a oggi), mentre quelle con problemi di autonomia (preparare i pasti, gestire le medicine e le attività domestiche, ecc.) arriveranno a 4,7 milioni (700 mila in più), solo considerando il trend demografico di invecchiamento e gli attuali tassi di disabilità, ma i dati potrebbero rappresentare una sottostima del problema. Un problema con cui il Sistema Sanitario Nazionale dovrà fare i conti e dovrà adeguatamente prepararsi.
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